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Quattro chiacchiere con Giorgia Mazzucato, autrice e interprete dello spettacolo Tor Picarata, che sarà in scena questo sabato 16 novembre 2024 nel nostro Teatro Fucina Machiavelli di Verona. ACQUISTA BIGLIETTI>>

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Buongiorno a tutte e tutti. Quella che state per ascoltare è un’intervista a Giorgia Mazzucato che questo sabato 16 novembre 2024 porterà in scena lo spettacolo Tor Picarata nel nostro teatro Fucina Machiavelli di Verona.

Elisabetta: Ciao Giorgia, benvenuta, ti chiederei anzi di presentarti e di presentare un po’, lo spettacolo che porterai da noi in Fucina.

Giorgia: Come hai detto bene tu mi chiamo Giorgia. Il che in questo periodo non è un granché, per quanto mi riguarda, è problematico. Va bene è lei è è è nata prima lei. Tra l’altro siamo nate una un giorno prima o una il giorno dopo! E il mio profilo Facebook è @SonoGiorgia da tipo dieci anni, da prima del suo tormentone. Insomma, comunque io non faccio la leader di un partito di estrema destra, ma sono un’autrice, sono un’attrice teatrale, ma anche dintorni nell’ultimo periodo mi sto dedicando anche ad altro, compreso un podcast dove parlo molto spesso della mia omonima, che si chiama Conversazioni di coppia sul mondo.

Sarò a Verona sabato 16 per Tor Picarata, uno spettacolo che è difficile per me sintetizzare perché tocca tante cose cose, corde personali, sociali. Diciamo che parla di violenza di genere ed essendo un tema così enorme, così delicato, così purtroppo caldo, ho cercato di trovare un modo per parlarne, che non fosse il seminario in cui io dico perché questa non sia un’emergenza, ma la normalità e bisogna ripartire dalle fondamenta per cercare di fare qualcosa, ma cerco per la maggioranza del tempo dello spettacolo di usare un tono satirico, comico, ironico, senza sottovalutare la tematica.

Uso più voci, ci sono cinque personaggi diversi che parlano di questo tema secondo le sensibilità di questi personaggi, quindi anche sensibilità molto molto distanti dalla mia. Ci sono dei personaggi femminili dei personaggi maschili, tutti e tutte in un modo o nell’altro coinvolte in questa in questo abisso. Il tema della violenza non viene mai citato, però è quello che chiaramente scalda ogni parola dello spettacolo.

Questo spettacolo, come in realtà vari che stanno girando in questo periodo, sono tutti spettacoli che trattano temi molto impegnativi e insomma importanti sempre con un tono comunque non voglio dire leggero con il linguaggio della stand up comedy . E notiamo anche che il pubblico sta apprezzando molto questo questo genere.

Io credo che dipenda anche sempre dall’urgenza di chi scrive no, io ho scritto questo spettacolo per un’urgenza personale, cioè di voler urlare al mondo che esiste questo problema e che è bene che se ne parli se ne si ascolti in tutti i luoghi possibili, compreso il teatro che per quanto mi riguarda deve essere casa di questi temi. Ben venga il teatro di puro intrattenimento senza nessun tipo di secondo fine ma io non lo so fare e non lo voglio fare. A me piace un teatro in cui torni a casa che c’hai qualcosa attaccato al cervello. Poi sta a te decidere come, come agire. Il giorno dopo non ci pensi più o qualcosa si è mosso? Hai mosso un passo. Adesso muovi in maniera indipendente, il secondo il terzo.

Questi temi, questi ragionamenti, queste domande passano in tutti i miei spettacoli. Non è stata una cosa forzata, mi sono resa conto, mano a mano che quello che scrivevo seguiva sempre questo schema, questo stile. E mi sono resa conto che appunto voglio sempre parlare di temi, di una certa politica, politica in senso lato, non partitica chiaramente.

Mi piace parlarne, mi piace relazionarmi col pubblico sempre in questo modo, con i tre quarti dello spettacolo comici e un finale in cui le cose diventano un po’ più toste.

Questo perché, come insegnava anche Moliere, e in realtà questa cosa l’ho scoperta tramite da Dario Fo, che è stato un mio un mio maestro, Moliere diceva che, esiste la risata che permette al chiodo della ragione di inserirsi più facilmente nel cervello.

Quando tu ridi ti lasci andare anche proprio fisicamente, intendo. Apri la bocca, ti rilassi. La risata è un esorcizzazione della tensione. Le risate più grandi sono quelle dopo che arrivano dopo un momento molto teso. È così che si costruisce la comicità, no? Parti da una tensione e poi la fai culminare in una battuta, quindi quando il pubblico comincia a fidarsi di te, perché l’hai fatto ridere per dieci, quindici, venti, quaranta, cinquanta minuti, il chiodo della ragione entra più facilmente piuttosto che partire all’inizio con qualcosa di molto tosto. Poi sono gusti ma io ho trovato più o meno naturalmente questa modalità che mi piace molto.

Bellissimo. Proprio la risposta più bella che potevo ricevere. Perché la risposta che mi davo era qualcosa tipo eh la situazione del mondo sempre più tosta quindi abbiamo bisogno di ridere. Sì, ma non è non è solo quello. Cioè, è proprio vero che la comicità è un linguaggio, è un mezzo.

Si per me è proprio un mezzo. La risata fine a se stessa è meravigliosa. Ripeto, io non riesco a crearla, io costruisco gli spettacoli in modo da avere questo questa specie di trampolino. Andiamo tutte insieme da una parte  divertendoci e quando ci sentiamo sicure ci lasciamo andare. E affrontiamo di petto quello che è il macro tema dello spettacolo. In questo caso la violenza di genere., nell’altro spettacolo che sto portando in giro, Komorebi, è l’omolesbobitransfobia.

In entrambi ridiamo, ridiamo e poi ci guardiamo negli occhi.

Bellissima questa cosa che dici di appunto di utilizzare la satira, la risata per parlare di temi importanti. Ultimamente non lo stai facendo soltanto dal vivo a teatro, ma anche online con una serie di video che stanno riscuotendo un notevole successo, vero?

Sì, allora ero partita ancora anni fa con una serie che si chiama Fuorigioco in cui commentavo e parlavo del sessismo, della misoginia nel calcio femminile. Io ho giocato a calcio per dodici, tredici anni, quindi l’ho vissuta sulla mia pelle ed è anche il motivo per cui col senno di poi so di aver mollato. Avere 18 anni e andare a giocare, a sentire e sentire le quattro persone che ci sono nel pubblico continuare a chiamarti coscia bella dopo un po’ ti fa passare la voglia. Poi io giocavo in Serie A2, quindi non ero proprio una pippa al sugo, ma pagavo io per andare in trasferta, pagavamo 10€ atesta per il pullman, quattro allenamenti a settimana, partite in tutta Italia,  quindi anche a livello di tempo un impegno non da poco che non ti consente di avere avere un altro lavoro full time, ma non solo non guadagni ma paghi dieci euro a trasferta per avere questi commenti?

Però è una cosa che mi è rimasta assolutamente dentro, perché è stata la mia più grande passione. e quindi quando nel 2019 c’è stato anche il boom con i mondiali di calcio femminile ho visto questi commenti delle telecronache dei giornalisti di un certo tipo, che dicevano delle cose che veramente da medioevo. Quindi ho cominciato a fare questi video che hanno riscosso da una parte il successo e dall’altra ovviamente i commenti erano esattamente quelli che ci si poteva aspettare.

E lì devo dire lì è stata tosta per molti motivi, cioè aprire un social e leggerti insulti, minacce son cose che sai che esistono, però hanno comunque un peso. E poi in questi ultimi due anni ho visto anche la differenza nella serenità di certa gente di fare certi commenti, gente che adesso si sente molto più legittimata perché tanto sono gli stessi termini che poi senti in una conferenza stampa o eleggi da un tweet.

Almeno questo in teatro raramente succede, però magari guardando il lato positivo comunque ti consente di ricevere tanti feedback.

No, quello per fortuna sì, sennò non lo farei, diventerebbe solo masochismo. Guarda, devo dirti che io non ho scelto di diventare attivista. Non è una cosa che scegli, semplicemente a un certo punto dici ma a me questa roba qui non va bene. E Il mio lavoro è scrivere e portare in scena quello che scrivo. Quindi è stata una cosa assolutamente naturale. Non è che ho scelto un argomento a caso pescando da quello che è in trend.

La consapevolezza porta anche molto più dolore, essere consapevole dello stato della lotta fa male, fa molto male. Io con mia moglie adesso stiamo pensando di andarcene dall’Italia e non perché vogliamo, ma perché come facciamo? Cioè, sono cose concrete che fanno male. Io ho costruito qua il mio lavoro, lei pure ma non abbiamo scelta. Quindi sono proprio cose vissute nella carne mia e di tante altre persone.

Quindi da una parte la consapevolezza fa male e dall’altra mi ha avvicinato a una rete di persone che forse non avrei mai conosciuto. Tutto il mondo transfemminista che magari prima non avevo avuto il coraggio, le modalità, gli strumenti per entrarci mentre adesso credo di esserci abbastanza dentro, in una delle sue varie forme, chiaramente, e mi ha arricchito in maniera impressionante. Mi sento una persona sofferente, ma molto più grande, più ricca, più forte e quindi non credo che che cambierei questo con quello. Mi va bene stare dove sto con le ferite che ho, ma anche con gli strumenti in più che ho per combattere quello che mi sta intorno e per non solo combattere, ma per anche respirare. Sapere che nel momento in cui respiro c’è qualcun altro che sta facendo qualcosa per me e io posso fare qualcosa per quella persona quando quella persona è stanca non ce la fa più e vuole solo piangere e urlare.

Ho ricevuto dei feedback che ripagano qualsiasi cosa, persone mi hanno scritto dicendo che hanno poi fatto coming out con la famiglia, una persona mi ha scritto Grazie perché mi ha ricordato che non sono io quella sbagliata. Insomma, queste cose qui che per me valgono duemila commenti di odio.

Questo mi collega al tema della nostra stagione Tutto ciò che è prezioso e fragile nella quale abbiamo inserito anche questo spettacolo perché trovavamo un nesso.

Assolutamente. Tra l’altro è molto bella questo accostamento tra prezioso e fragile.  Ma in generale credo proprio che le fragilità sono preziose perché sono qualcosa di cui prendersi cura. Cura per me è un’altra parola fondamentale.

La fragilità, secondo me, può essere vicino al concetto di crisi. Crisi in senso etimologico, cioè l’idea di una nuova partenza da una rottura, mi vengono in mente le immagini dei vasi giapponesi che quando vengono rotti vengono ricomposti e le crepe vengono riempite con dell’oro.

Per me è quello il concetto di fragilità e di cura, cioè c’è quella fragilità non si può nascondere, o meglio con alcune persone puoi evitare di nasconderla. È importante trovare una comunità dove le tue fragilità sono trattate con cura e sono preziose, in modo che tante fragilità insieme possano costruire qualcosa di nuovo e di indistruttibile.

Bellissimo <3 Allora ultimissima domanda provocatoria. Purtroppo roviniamo questa bellissima poesia che abbiamo creato finora: ma perché uno di sabato sera, invece di andare al bar a bersi uno spritz, un americano dovrebbe venire a teatro? Domanda a trabocchetto perché comunque in Fucina abbiamo il bar, quindi

Ditemi che avete anche il Select, te lo chiedo perché sono vegana

Sì e anche i tramezzini vegani

Ti voglio bene. Okay, ho ancora più voglia di venire lì a fare spettacolo. Comunque rispondendo a alla tua domanda. Intanto nulla vieta che lo spritz te lo fai prima e te lo fai dopo. Io sono veneta, comunque quindi anche per me queste sono cose fondamentali. Ma nel mezzo. ci può essere una serata di serata di teatro perché chiaramente io sono di parte e non per il mio teatro, ma per il teatro in generale. Io credo potentemente nel nell’effetto rivoluzionario delle storie e le storie possono cambiare il mondo. Io di questo sono certa perché le storie possono cambiare le persone a me delle storie hanno cambiato completamente la vita.

E se tu cambi la vita di una persona, una persona, più una persona, più una persona, più una persona, tu stai cambiando il mondo. e non è per fare i discorso è così quindi il potere di raccontare delle storie storie che abbiano valore poi possono piacere o non piacere è un un rituale secondo me necessario.

Poi dici perché non me le guardo a casa su sulla t v anche quello va benissimo. La differenza secondo me, che ci può essere tra vedere una storia meravigliosa in t v al cinema ben venga e in teatro il teatro sennò non lo farei secondo me a quell’aspetto. appunto rituale magico in più, in cui ci sono delle persone che in presenza sconosciute si siedono in linea di massima spengono il cellulare e per un’ora un’ora e mezza cinquanta minuti che siano, fanno quest’atto assolutamente con in controtendenza rivoluzionario di essere staccati col resto del mondo e ascoltare una persona che ti racconta una storia secondo me è una cosa fuori di testa.

Cioè siamo nel duemila e ventiquattro e il teatro fa fa ancora fare questa roba qui. credo che sia l’unica, cosa che lo fa fare se non una visita medica a visita medica. Però magari non ti dura un’ora, tu spegni, sei nel buio e ascolti delle voci che ti raccontano una storia che ti portano in un immaginario.

Um secondo me cioè se ripeto, sono innamorata di questa cosa, sennò non la farei. Ma è anche è fantascientifico, è fantascientifico. Poi ben venga alla fine l’americano lo spritz, poi che sia. il tramezzino vegano. Ya Grazie. Grazie a te. Grazie a voi.

I biglietti per lo spettacolo di sabato sono acquistabili cliccando qui sotto:

Tor Picarata

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Teatro ex Centro Mazziano - Via Madonna del Terraglio 10, Verona