Chiacchieriamo con Niccolò Matcovich, autore, dramaturg e regista diplomato alla Paolo Grassi e fondatore di Compagnia Habitas, in scena con il suo ultimo lavoro Surgèlami nella stagione 2016-2017 di Fucina Culturale Machiavelli.
- Niccolò raccontaci com’è nata Compagnia Habitas.
In realtà è nata per sbaglio, io non conoscevo gnomo, che sarebbe Livia Antonelli ma io la chiamo gnomo, informalmente. Ci siamo incontrati a Roma nell’ottobre 2015 per andare a teatro a vedere Carrozzeria Orfeo e la prima sera che ci siamo incontrati ci siamo detti: “Facciamo una compagnia”. E’ stata una cosa alchemica. Poi ci siamo fidanzati. Un connubio prima artistico e poi amoroso. Poi si è unita anche Chiara Aquaro, attrice, anche lei socia fondatrice di Compagnia Habitas.
- Ed è con loro che è nata l’idea di Surgèlami?
E’ nata sempre come uno scherzo tra me e Livia, una provocazione. Tra maggio e giugno dell’anno scorso eravamo stressatissimi e tesissimi, avevamo insomma tutte le magagne che possono avere oggi i teatranti in italia. E cercavamo di coniugare la vita amorosa e lavorativa. “Perché non ci surgeliamo e ci scongeliamo tra 1.500 anni, quando tutto sarà più bello e più facile?” Poi da lì è nato lo spettacolo. Il primo periodo di prove è stato a giugno nel nostro spazio prove: da quello sono nati i primi 12 minuti di studio, che abbiamo portato a teatro Studio Uno, al concorso Pillole e con cui abbiamo vinto la residenza.
La residenza è durata un mese. Un mese di reclusione totale. A volte eravamo addirittura noi ad aprire e chiudere il teatro. Avevamo le chiavi, sì, loro sono stati meravigliosi, adorabili. Il Teatro Studio Uno è composto da due sale piccole, intime, in un quartiere periferico. Fanno solo drammaturgia contemporanea, ospitano compagnie giovani e hanno molta attenzione per il quartiere. Coinvolgono il territorio. Hanno affiancato al teatro una libreria, spazio soprattutto per bambini, dove fanno tante iniziative, feste, laboratori sensoriali o di accompagnamento alla lettura per i piccoli. Conoscono tutti i commercianti della zona, distribuiscono volantini in modo capillare.
- Di cosa parla Surgèlami?
Parla della coppia, da tanti punti di vista. E’ frutto di una drammaturgia scenica e mette insieme 7 punti di vista diversi (attori, regista, dramaturg) mettendo insieme sia spunti di fiction che cose che partivano dalla nostra vita. Anche le coppie sono due per rendere questa pluralità. Non c’è una storia, ma una sorta di parabola sul percorso dell’amore e della coppia. Le 4 tappe dello spettacolo sono le fasi canoniche – farfalle – la parte bella dell’inizio – struttura – il momento centrale – catastrofe -, la tragedia della coppia, – domani – il finale speranzoso e futuristico.
E questo frigo è il quinto protagonista, che però a volte diventa antagonista – è rifugio d’amore, rifugio antiatomico, ma anche cosa che costringe opprime, chiude, schiaccia.
- E quindi emerge di più la speranza o la catastrofe?
Prevale la parte positiva. Le persone sono uscite di umore positivo. non lascia il magone, è anche commovente, ma in modo possiamo dire catartico.
- E tu perché hai scelto di lavorare alla regia e non al testo?
Per accentuare la pluralità dei punti di vista. Con la compagnia abbiamo lavorato parecchio su miei testi. E dopo un po’ mi stanco. Quindi volevo partire da qualcosa di più lontano da me, mettermi in gioco con un confronto stimolante, avere un punto di partenza che non fosse mio, da materiale di altri.
- A due anni dalla Paolo Grassi cosa dici?
E’ stato molto doloroso lasciare Milano, anche perché non avevo chiarissimo finita la scuola quale fosse la mia strada all’interno del mondo del teatro. Poi, con la grande fortuna di aver incontrato gnomo e il gran privilegio di aver formato una compagnia ho trovato la mia dimensione. pur in una città come Roma che è difficile. Noi abbiamo la fortuna di uno spazio prove gratuito, che è uno spazio occupato. Se non avessimo questo ci sarebbero le sale prove a pagamento che costano l’ira di Dio e ti costringono alla fine a cambiare città o cambiare mestiere.
- Ultima domanda: qual è il rischio più grande che hai corso? E quale è stata la tua mossa vincente?
Aver fondato questa compagnia è stato un rischio enorme, perché diventare giovani imprenditori di se stessi in un mondo, come quello del teatro, in cui l’imprenditoria non ha nulla a che fare è stata dura. Ma è stata anche una mossa vincente. Non tanto per i riconoscimenti. Il riconoscimento è un percorso lento e faticoso, ma l’energia in circolo, e il lavoro per far sì che diventi un mestiere, insieme alle persone stupende che abbiamo incontrato, è già bellissimo.
- I prossimi passi?
C’è questo grande dibattito: io sono bulimico e vorrei produrre produrre produrre. Ma ora abbiamo quattro produzioni, e cerchiamo di farli girare il più possibile! Anche perché il confronto con il pubblico è sempre stimolante.
Grazie!