Chiacchieriamo con il giovane compositore Alessio Manega, classe 1990, che ha collaborato con Fucina Culturale Machiavelli scrivendo un pezzo originale eseguito in prima assoluta il 29 aprile 2017 dall’Orchestra Machiavelli all’interno del concerto Pulcinella, accostato al celebre balletto di Stravinskij. Alessio ci parla di cosa significa per lui scrivere musica.
- Ciao Alessio, parlaci di te, come sei arrivato alla composizione?
Ho iniziato a 13 anni con la chitarra, inizialmente classica poi elettrica. Quando ho iniziato il liceo a Verona, ho deciso di iscrivermi al conservatorio, ma dato che volevo approfondire il discorso musicale a livello teorico oltre che pratico ho fatto questa scelta avventata e quasi causale della composizione.
Non sapevo cosa fosse composizione, poi si è rivelata una scelta azzeccata. Mi è sempre piaciuto creare, ho scelto il liceo artistico. Ho approfondito la parte creativa della musica.
- Che musica ascolti? Purista della classica o anche pop?
Ascolto tutto quello che c’è di buono. Sia classica che pop. Poi oggi si è abbastanza costretti. Se uno accende la radio non può scegliere, gli viene imposto, quindi ascolto di tutto di più. Cerco di avere un’apertura a 360 gradi, non ho generi particolari preferiti, anche perché il compositore di oggi deve districarsi tra più settori: cinema, classica, pop, e avere un orecchio allenato ai vari generi.
- Dove prendi la tua ispirazione?
Ogni volta che inizi un nuovo progetto, come in architettura, devi avere l’idea di fondo e i materiali, che possono essere le note o anche gli strumenti, e questi spesso sono dati dal committente.
L’ultimo lavoro che ho scritto per l’Orchestra Machiavelli, ad esempio, aveva un organico dato, quello del balletto Pulcinella di Stravinskji (ndr), e anche un tema: la città di Napoli. Il pezzo si intitola Maschere. Ho costruito un brano in due movimenti, un adagio e un allegro, prendendo i temi da due compositori napoletani Alessandro Scarlatti e Domenico Scarlatti: si chiama Maschere perché maschero i loro temi musicali, che vengono stravolti da me.
Poi ogni volta in base alle richieste dell’esecutore o della realtà musicale, cerco di assecondare i gusti o le richieste. Ma è sempre un prodotto mio. Scrivere musica è come costruire un edificio: progetto i materiali, il dove e il come. Poi, sono giovane, non ho vincoli ben definiti. Anzi i vincoli cerco di evitarli.
- Pensi che questo potrà diventare un giorno la tua professione?
Ho ottenuto alcuni risultati, ho vinto alcuni concorsi e in quelle occasioni ho conosciuto persone che mi hanno commissionato dei pezzi. Per il momento il progetto sembra utopico ma si, ci credo. Come in tutti i settori uno si deve fare il mazzo, non posso ottenere le cose dal nulla. E poi bisogna volerlo davvero, ma credo che se una persona ha un obiettivo ben definito deve cercare di ottenerlo a tutti i costi.
- Pensi che la società ti permetta di esprimere le tue capacità?
Viviamo in un mondo che non ha più le leggi prestabilite e i vincoli di una volta. Oggi ci si confronta a livelli mondiali quindi se non va bene qui potrebbe andare bene da altre parti. Se uno parte con la tristezza addosso meglio che cambi mestiere. Anche se ammetto che non è un periodo ottimale. Ma anche i grandi del passato, ognuno di loro ha avuto le sue difficoltà, anche Mozart e Beethoven, è un dato storico.
- L’estate scorsa sei stato vincitore del 1° premio Concorso internazionale “2 Agosto” di Bologna, con un pezzo che è stato registrato e trasmesso su Radio 3 e su Rai 5. Parlaci di questa esperienza.
E’ stata una bellissima esperienza. Era la prima volta che mi confrontavo con una realtà professionale di alto livello, un corpo di ballo, il vero mondo della musica. La giuria ha scelto i tre vincitori finali, poi il pezzo veniva eseguito e messo in scena da un corpo di ballo. Una bella soddisfazione.
- Alessio, qual è il rischio più grande che hai corso?
Deve ancora capitare. Oggi ogni passo è calibrato. Penso parecchio. Ne vale la pena o non ne vale la pena?
- E qual è stata la tua mossa vincente?
Nel caso di Bologna scrivere un pezzo in cui univo diversi generi e linguaggi musicali.
Bisogna essere flessibili nello scrivere musica. Io stesso voglio mettermi alla prova con linguaggi differenti, senza fossilizzarsi su quello che uno sa fare ma andare dove non si è pronti al 100%. Credo che questo dovrebbero fare tutti gli artisti, trovata la formula magica, questa ti porta a fare le solite cose e inaridisce anche la creatività.
Grazie!