Skip to main content
search
0

Quattro chiacchiere con Giulia Angeloni e Francesca Cassottana, rispettivamente autrice e regista dello spettacolo Che si trovino male, che sarà sul nostro palco questo sabato 13 aprile 2024.

Ascolta qui la versione audio:

Elisabetta: Ciao! Innanzitutto vi chiederei di presentare voi stesse e lo spettacolo che porterete da noi.

Giulia: Certo. Allora io sono Giulia Angeloni e sono la l’autrice del testo e sono in scena come attrice nello spettacolo insieme al musicista Simone Arborio.

Francesca: Io sono Francesca Sottana e sono la regista dello spettacolo.

Giulia: E lo spettacolo è Che si trovino male. Siamo a Roma, presumibilmente verso la fine degli anni ’60 e questa maestra di 24 anni, arriva a Roma dalla Sardegna e si ritrova ad insegnare in una scuola di periferia, a una classe semi deserta perché è la classe dove mandano tutti i casi disperati della scuola.

E si rende conto soprattutto che tutte le bambine della sua classe, che era una classe femminile, vengono da una zona di baracche che sta vicino alla scuola. Così lei, nonostante le venga sconsigliato, si avventura in questo luogo dove non va mai nessuno, neanche gli altri abitanti del quartiere.

E lì scopre un’umanità che non si aspettava. Entra in contatto con queste bambine e si mette in ascolto, fa un passo indietro e cerca di capire chi sono, qual è il loro vissuto.

Scopre che sono individui che hanno molto da dire, che hanno delle urgenze, delle istanze, dei pensieri. E quello che fa è aiutarle a trovare la propria voce, aiutarle a capire che quello che hanno da dire è degno e anche la loro condizione lo è.

Elisabetta: Facendo un passo indietro, volevo chiedervi da dove nasce questo lavoro, come siete arrivate a lavorare su questo tema.

Giulia: ho cominciato a lavorarci con l’idea di fare una ricerca sul mondo della scuola, a partire dalle storie di insegnanti che hanno cercato di fare una scuola differente, anche da quella che avevo vissuto io. Così ho fatto un paio d’anni di raccolta di interviste, nello specifico mi sono interessata molto dei movimenti che si occupavano di educazione attiva. Uno dei più importanti che ho seguito è stato il Movimento di Cooperazione Educativa e i doposcuola popolari a Roma di oggi, che quasi tutti hanno come ispirazione le scuole di borgata degli  anni 60 e 70.

In particolare è stata molto importante per la nostra storia la storia della scuola 725 di don Roberto Sardelli, che è stato un prete che in uno di questi grandi baraccamenti all’Acquedotto Felice, nella baracca numero 725, ha messo su un doposcuola popolare che coinvolgeva i ragazzi dal quando uscivano da scuola alla sera, ed è stata un’esperienza per questi bambini ragazzini di trasformazione proprio personale politica.

Leggevano Americani e vietcong, si interessavano alle lotte dei neri in America, un’esperienza di grande apertura. Io ho intervistato alcuni ex allievi che mi hanno raccontato le loro storie e hanno alimentato tanto la drammaturgia dello spettacolo. A quel punto ho coinvolto Francesca e le ho chiesto di collaborare a questo progetto.

Francesca: Sì, Giulia aveva già scritto un canovaccio che prendeva ispirazione da tutto questo mondo che aveva assorbito. E poi insieme abbiamo cercato di intrecciare due storie, perché nello spettacolo noi seguiamo il punto di vista sia di questa maestra ma anche di una delle bambine che frequentano questa scuola, così abbiamo due punti di vista differenti. Abbiamo provato a giocare con l’intreccio e vedere che effetto faceva questa questa alternanza di voci.

In più è stato molto bello anche avere nel processo creativo la presenza del musicista che vedrete in scena, perché comunque è proprio una presenza se vuoi una drammaturgia. Perché c’è questa bambina, che si chiama Esterina, che dice di avere un fratello musicista che però nessuno ha mai visto. Anche nello spettacolo c’è questa figura di questo musicista che è sempre un po’ all’oscuro e  la musica di per sé è una presenza che noi percepiamo ma non possiamo afferrare.

Quindi insomma è stata una creazione a tre, a cui poi si sono aggiunte le illustrazioni e la scenografia, ed è stato molto d’ispirazione avere questi punti di vista differenti, questa famiglia che si è sempre di più allargata.

Elisabetta: riparlando di preti illuminati, ovviamente il primo riferimento che ci è venuto in mente leggendo questo tema è don Milani. Quindi volevo capire se nella vostra nella ricerca e poi nella scrittura dello spettacolo questa figura c’è, c’entra e ancora rilevante…

Giulia: Beh, per me per me è tanto rilevante, secondo me è ancora veramente forte il messaggio di don Milani. Per me una spinta a fare questo lavoro è stata un po’ la mia esperienza scolastica, che è stata un’esperienza abbastanza normale, però non sono stata bene nei miei anni di scuola, mi portavo dietro una forte sofferenza rispetto a quegli anni lì.

E mi ricordo che all’ultimo anno di liceo la mamma di una mia compagna di classe mi diede un giorno di leggere Lettera a una professoressa. Per me è stata una lettura illuminante, mi ha proprio capovolto l’idea della scuola che avevo. La sofferenza che vivevo io in fin dei conti aveva la stessa matrice della rigidità della scuola che viene messa in discussione da don Milani.

Una scuola che non include veramente socialmente tutti e diventa un po’ quel paradosso che diceva lui, dell’ospedale che prende con sé i sani e respinge i malati. E Roberto Sardelli che ho citato prima decide di fondare questo doposcuola proprio perché era stato da don Milani ed era stato ispirato da quell’esperienza lì.

Oggi tante volte ho sentito dire quello che dice don Milani era giusto negli anni in cui lo scriveva però oggi è tutto molto diverso. Io non penso che sia molto diverso, credo che ci siano stati dei cambiamenti, però un po’ più sulla carta che nelle pratiche.

Poi c’è anche molto oggi il tema del merito, che è uno dei problemi con cui si trova a doversi scontrare la maestra del nostro spettacolo, con il preside che le dice continuamente che lì la legge uguale per tutti e non si fanno figli e figliastri. Però lei poi si rende conto che invece questa meritocrazia è un sistema truccato, perché va a premiare chi già parte avvantaggiato.

Francesca: Sì,  sono molto d’accordo. Non possiamo pensare che partiamo tutti dal punto dallo stesso e considerare una classe come una massa di studenti tutti uguali. Una cosa che mi emoziona ogni volta che vedo lo spettacolo è che questa maestra si relaziona con degli esseri umani. Non parte dal programma a cui gli allievi si devono adattare, ma è lei che si adatta a questi esseri umani perché quello che studiano deve servire a loro per crescere, per diventare persone.

Quindi questo spettacolo e quello che ci sta dietro è rilevante perché è universale e parla ancora moltissimo ai giorni nostri.

Elisabetta: chiuderei con una domanda un po’ provocatoria, perché in un bellissimo sabato di aprile come sarà questo, uno dovrebbe scegliere di venire a vedere questo spettacolo invece che andare a bersi uno spritz?

Francesca: ahahah bella domanda! Allora io ho sentito tanti pareri, secondo me la cosa bella di questo spettacolo è che a seconda della fase della vita in cui sei tocca delle cose diverse. Cioè se sei un ragazzo ti viene da dire che cosa voglio essere io per il mondo di domani, qual è il mio desiderio; se sei un adulto è anche cosa sto lasciando alla generazione che ci sarà, è uno scambio, un dialogo tra generazioni di cui in questo momento storico abbiamo bisogno.

Giulia: mi sembra molto bella questa cosa, non ho altro da aggiungere.

Francesca: vedremo se basterà a convincere al posto degli spritz.

Elisabetta: ah ma era una domanda trabocchetto, lo spritz si può bere anche nel bar del nostro teatro 😉

Francesca: e allora! cosa volete di più!

Elisabetta: esatto, ci vediamo sabato allora, grazie Giulia e grazie Francesca!

 

I biglietti per lo spettacolo di sabato sono acquistabili cliccando qui sotto:

Che si trovino male

Close Menu

Teatro ex Centro Mazziano - Via Madonna del Terraglio 10, Verona